La nostra lotta, contro la vostra guerra

Comunicato di Rete Jin Milano in vista del 25 novembre 2025

Anche quest’anno, ci troveremo insieme in piazza il 25 novembre a Milano, così come in altre città d’Italia, e prima ancora in una grande onda nel corteo nazionale a Roma.

Tuttavia, oltre a riempire le piazze nei giorni delle ricorrenze, è necessario che prendiamo sempre più parola nelle nostre vite quotidiane, dovunque ci troviamo, che sia sul lavoro, a scuola o a casa, con amicx e affetti; questo non solo perché “il personale è politico”, ma perché le dinamiche di potere che portano alla violenza patriarcale sono culturali e profonde, e dunque necessitano di essere abbattute giorno dopo giorno, liberando le nostre relazioni.

L’Osservatorio Nazionale Femminicidi, Lesbicidi e Transcidi di Non Una di Meno1 riporta che i casi monitorati nel 2025 sono 91, di cui 78 femminicidi, 3 suicidi indotti di donne, 2 suicidi indotti di ragazzi trans, 1 suicidio indotto di una persona non binaria, e 6 casi in fase di accertamento. Menzioniamo inoltre che nei media sono stati riportati almeno altri 67 casi di tentati femminicidi.

Questo significa che ad oggi in Italia, circa ogni 2/3 giorni una persona viene uccisa dalla violenza patriarcale. Nella maggioranza dei casi chi uccide conosce la vittima: nel 49% dei casi si tratta del marito/partner, nel 23% dell’ ex, nel 14% del figlio.

Questo ci dice e ci ricorda che non si tratta di casi isolati, di uomini in preda a raptus; si tratta di un modello machista che insegna che il controllo e la violenza sono l’unico modo possibile di relazionarsi all’altro da sè. Nei media assistiamo ad una narrazione che romanza femminicidi e transicidi, attribuendoli alla gelosia d’amore, alla classe sociale o a speculazioni sul colore della pelle di chi compie la violenza; questa sovrastruttura mediatica, oltre ad essere in buona parte dei casi razzista e classista, contribuisce a dare una lettura profondamente superficiale della violenza di genere e machista.

Questa lettura inoltre isola l’uccisione come se fosse un’esplosione di rabbia estranea alla quotidianità, mentre invece sappiamo che questo picco di violenza è solitamente preceduto e accompagnato da altre forme: molestie, stalking, violenza fisica, violenza economica, psicologica, sessuale.

La violenza di genere è un fenomeno antico e radicato su cui la modernità capitalista ha gettato le proprie basi per riprodurre un sistema in cui il privilegio e l’oppressione maschile possano mantenersi illesi. Storicamente i ruoli di genere e la cristallizzazione degli stereotipi che ne sono derivati hanno prodotto una gerarchia tra gli status di uomo e donna producendo il sistema sociale in cui viviamo oggi; l’origine dei nostri gravi problemi sociali va ricercata nelle società patriarcali diventate simili a culti, ovvero trasformate in religione attorno all’uomo forte sono le parole di Abdullah Öcalan, leader e guida del movimento di liberazione curdo, detenuto dal 1999 nella prigione-isola di Imrali, in Turchia.

Le nostre società odierne hanno mantenuto questo assetto: difatti, il privilegio maschile, garantito da tutte quelle strutture di discriminazione e oppressione patriarcale che si sono radicate nei secoli, risulta ancora evidente e il predominio maschile è ancora molto radicato nella nostra società; la discriminazione e le consuetudini culturali influenzano, ad esempio, l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, ma anche le differenze di retribuzione a parità di impiego, o la partecipazione in ambito politico. Al tempo stesso la rigidità dei ruoli di genere ha effetti negativi sugli uomini, soggetti che replicano modelli di mascolinità tossica. È proprio dalla cultura patriarcale, basata sulla prevaricazione di una categoria sociale a scapito dell’altra e su una rigida interpretazione dei ruoli di genere e dei relativi comportamenti, che la violenza maschile contro donne e persone queer ha origine e si alimenta.

È questa stessa violenza che l’uomo adotta contro altri uomini e contro la terra, che si manifesta sotto forma di razzismo, classismo, imperalismo, ecocidio. Oggi più che mai la violenza patriarcale si mostra con il volto della guerra, in cui da sempre per altro i corpi delle persone FLINTA2 diventano campo di battaglia.

Mentre i capi di stato e i grandi tecnocrati lucrano sulle guerre, i popoli sono massacrati, e con loro le terre dove abitano, che sia per distruggere la vita, o che sia per estrarre preziosi minerali che diventeranno le nostre comodità. Mentre questi conflitti armati si consumano, nei nostri stati occidentali aumentano sovranismi, nazionalismi, crisi economiche e disastri ecologici; l’Europa si riarma e normalizza l’aria di guerra che tira un po’ ovunque: militari e polizia a fare lezioni nelle scuole, universitarix mandatix a fare esercitazioni sulle navi da guerra e ricercatrici che lavorano a tecnologie dual use3. Le frontiere diventano sempre più controllate e pattugliate da eserciti sempre più simili a milizie fasciste.

I decreti sicurezza uno dopo l’altro stanno contribuendo a spaccare la società: isolando, confinando; e in questo clima diminuiscono la possibilità per la società di alzare la testa e opporsi, anche se poterlo fare di per sè è già un privilegio: chi ha tempo di organizzarsi quando i prezzi aumentano e i salari invece rimangono fermi da trent’anni?

Nel contesto in cui ci troviamo, disastroso seppur in qualche maniera ancora privilegiato, riteniamo che i problemi di genere e patriarcali rimangano tuttavia un punto focale del nostro agire politico. E questo non per una pura posizione ideologica, ma perchè riteniamo che vadano a intaccare le radici stesse del potere. Riguardano il modo in cui ci relazioniamo le une alle altre. La forza e la potenza che i movimenti femministi, transfemministi, queer ed ecologisti hanno saputo portare nel corso dei decenni sono per noi un esempio di come aprire spazi di possibilità per il futuro. Un futuro in cui i popoli si possano autodeterminare e vivere in armonia in quanto parte della natura. Un futuro dove gli stati non esistano ma siano le persone ad autorganizzarsi e decidere autonomamente del proprio presente e futuro, e dove le relazioni siano libere da patriarcato e machismo.

Per questo prendiamo ispirazione dal Confederalismo Democratico, messo in pratica soprattutto nei territori della Siria del Nord-Est. Nato come proposta del movimento di liberazione curdo, si è poi trasformato in un modello abbracciato da tantissime etnie e popoli, diventando un’alternativa credibile al sistema di guerra e morte capitalistico e statale.

Per chi abbraccia questo modello, fondamentale è il concetto di autodifesa, espresso dalla teoria della rosa: ogni essere vivente, per quanto possa sembrare delicato e dolce, possiede delle spine per difendersi, come la rosa.

Per noi, questa autodifesa è autorganizzazione, è creare spazi di autonomia, lottare ogni giorno con le nostre amichx e compagnx per espandere gli spazi di libertà e cura. Non c’è salvezza senza lotta e non c’è lotta senza autodifesa: il grido Jin Jiyan Azadi vuole riunire tuttx coloro che nel mondo si oppongono alla violenza di genere, allo stato e alla cultura maschile e sessista, al colonialismo, al fascismo, al nazionalismo.

Per questo, gridiamo ancora per le vittime di femminicidio, transicidio e lesbicidio, e per ogni vittima della violenza machista.

Portiamo nel cuore tutte le compagne e lx compagnx che hanno lottato e hanno dato la loro vita, chiunque sia ancora chiusx in prigione e chiunque stia resistendo in ogni modo in ogni luogo del mondo.

Jin Jiyan Azadi

15 novembre 2025, Rete Jin Milano


  1. https://osservatorionazionale.nonunadimeno.net/ ↩︎

  2. Sigla che sta per: Female, Lesbian, Intersex, Non binary, Trans*, Agender ↩︎

  3. Le tecnologie e ricerche dual use sono quelle che trovano un’applicazione sia in campo civile sia in campo militare. Molte delle tecnologie che utilizziamo oggi quotidianamente si sono in realtà sviluppate pe scopi militari, come ad esempio telefoni e computer. Un esempio odierno potrebbero essere i droni, che vengono dipinti come una facilitazione alla consegna dei pacchi o come uno strumento per bellissime riprese aeree, ma che in realtà in contesti di guerra sono delle terribili armi. ↩︎