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La nosta vendetta sarà la Rivoluzione delle Donne!

Rete Jin

Jin è una parola curda che significa donna.

Rete jin è una rete di donne* in solidarietà con il Movimento delle donne curde e che riconosce nel Confederalismo Democratico una prospettiva applicabile globalmente. Organizzarsi secondo i principi e le metodologie del Movimento delle donne curde significa adottare gli strumenti che riteniamo validi anche per noi, donne che lottano e si organizzano in Italia.

Condividiamo l’analisi secondo cui il patriarcato è il primo sistema di oppressione ad essersi svillupato storicamente, e di conseguenza quello a partire dal quale nel tempo si sono strutturati l’oppressione di classe, il colonialismo, lo sfruttamento della natura, il fascismo dello stato nazione.

Il compito di Rete Jin è organizzare le donne* nella prospettiva dell’autonomia come strumento di liberazione. Crediamo che la rivoluzione sia un processo permanente che deve partire in primis da noi, dal cambiamento di noi stesse, delle nostre relazioni e del modo di concepire la lotta; in questa ottica l’autonomia diventa uno spazio di elaborazione di analisi, strumenti e dinamiche al di fuori dello sguardo patriarcale, che ci permettano di liberare noi stesse e la nostra società.

Siamo consapevoli che questo lungo processo si inserisce in un progetto più ampio, ossia la costruzione dal basso del Confederalismo Democratico, sistema di organizzazione basato su tre pilastri fondamentali:

  • Democrazia radicale
  • Liberazione della Donna
  • Ecologia sociale


Crediamo che il conflitto che si svolge in Mesopotamia, che vede il sistema patriarcale e statale attaccare le forme di autogestione dei popoli e la rivoluzione delle donne, sia un conflitto che non è geograficamente limitato ma che ci riguarda tutte e tutti. Gli attacchi a cui assistiamo non sono solo militari, sono politici. Sono attacchi ad un sistema che accoglie e valorizza le diversità.

L’ideologia della liberazione della donna, annunciata l’8 marzo 1998 da Abdullah Ocalan, leader e filosofo del movimento curdo imprigionato in isolamento ad Imrali dal 1999, si basa su 5 principi:

  1. Welatparêzî (difesa della terra): legata all’ecologia ma anche alla preservazione delle culture.
  2. Fikra azad û vîna azad (libero pensiero e libera volontà): ridefinire la propria identità distaccandosi dagli standard patriarcali e capitalisiti che vengono imposti costantemente soprattutto alle donne.
  3. Rêxistinî (organizzazione): riconosciamo che isolate siamo più esposte agli attacchi del sistema; con le parole di Audre Lorde: “non sarò mai libera finchè ogni altra donna non sarà libera, anche se le sue catene sono molto diverse dalle mie”. L’organizzazione è quello che ci permette di trasformare le nostre idee in realtà.
  4. Têkoşîn (lotta): fare della vita e la lotta un’unica cosa.
  5. Estetîk (Estetica): ridefinire l’estetica in relazione all’etica, alla lotta, all’autodeterminazione. Con le parole di Şehid Bêrîtan: “chi combatte sarà libera, chi è libera sarà bella, e chi è bella sarà amata”.

Facciamo nostro l’appello per l’8 marzo della KJK (Komela Jinen Kurdistane – l’organizzazione ombrello di tutte le organizzazioni di donne che fanno riferimento al movimento delle donne curde), che conclude dicendo:

“Come movimento di liberazione delle donne curde, in occasione dell’8 marzo 2018, lanciamo un appello alle donne del mondo: mettiamoci assieme e assieme sviluppiamo la necessaria teoria, programmi, organizzazione, e piani di azione per la liberazione della donna. Con la coscienza che solo una lotta organizzata può portarci risultati, aumentiamo l’organizzazione in tutte le sfere della vita. Collettivizziamo le nostre coscienze, forza di analisi, esperienze di lotta, e prospettive per creare le nostre alleanze democratiche. Non lottiamo le une separate dalle altre – lottiamo assieme. E, lungo il percorso, trasformiamo il ventunesimo secolo nell’era della liberazione della donna! Perché questo è esattamente il momento giusto! È il momento per la rivoluzione delle donne!”

Jin Jiyan Azadi, slogan diventato celebre in tutto il mondo alla fine del 2022 tramite le proteste in Rojhilat (Kurdistan iraniano), è stato ideato dal Movimento delle donne curde per riassumere il nucleo del pensiero rivoluzionario:

“La rivoluzione non si realizza da un giorno all’altro, ma richiede tempo e una lotta costante. La donna è connessa alla vita, la sua energia è fluida, creativa e creatrice: per questo anche la rivoluzione delle donne deve avere questa natura. Ciò che rimane congelato nella materia fredda diventa dogmatico, non si adatta ai luoghi e ai tempi. La rivoluzione delle donne è portata avanti da donne libere e crea donne libere. Essere una donna libera è possibile solo attraverso la lotta per conoscere se stesse, per amare la propria identità legata alla terra e al popolo, perchè solo amando la propria identità si potranno amare le altre. Ci si arriva attraverso la propria volontà, con la collettvità e l’organizzazione. La rivoluzione delle donne equivale a risvegliare i valori della dea madre, vuol dire affrontare gli attacchi dell’odio, dell’inganno, dell’avidità e dell’egoismo. La rivoluzione delle donne deve essere la rivoluzione dell’amore.

Di fronte al sessismo gridiamo DONNA,

in faccia alla morte mettiamo la VITA

e di fronte alla schiavitù lottiamo per la LIBERTÀ

DONNA VITA LIBERTÀ

JIN JIYAN AZADI” *

*da “Jin Jiyan Azadi – la rivoluzione delle donne in Kurdistan”, dell’Istituto Andrea Wolf, traduzione a cura del comitato italiano di Jineoloji, Tamu Edizioni 2022